Autore:
Dr. Roberto Meli
Libero professionista a Firenze
Quando ho conosciuto Mira, nel 2010, aveva 38 anni. Si era decisa a chiedere il mio aiuto perché l’elemento 21 le dava molto dolore. Dopo aver informato Mira sulle possibili alternative, ho ottenuto il consenso a procedere con l’estrazione dell’elemento compromesso, il contestuale inserimento di un impianto Leone 4,1×12 mm post-estrattivo e il carico immediato con moncone definitivo e corona provvisoria realizzata con CEREC. L’intervento fu eseguito in Live Surgery presso l’istituto ISO Leone. Dopo l’estrazione, l’inserimento dell’impianto e l’inconamento del moncone, rilevai una scansione ottica con la Bluecam. Il file fu inviato al laboratorio Dental Giglio di Firenze e in poco tempo la corona provvisoria fresata mi fu recapitata per completare l’intervento con un carico immediato non funzionale (Figg. 1-5).

Fig. 1 – Situazione clinica iniziale 
Fig. 2 – Estrazione dell’elemento 21 e inserimento impianto 
Fig. 3 – Inserimento e preparazione diretta del moncone, scansione intraorale 
Fig. 4 – Modello digitale, disegno e fresaggio della corona provvisoria 
Fig. 5 – Corona provvisoria in situ
A distanza di sei mesi, dopo una nuova scansione diretta del moncone, resa possibile dal moncone pieno Leone assimilabile a un moncone naturale, la corona definitiva in E-Max fu cementata con tecnica diretta (Figg. 6-8).

Fig. 6 – Scansione diretta del moncone 
Fig. 7 – Corona E-Max sul modello prototipato 
Fig. 8 – Corona definitiva E-Max in situ
Fatti salvi tutti i vantaggi in termini di rapidità di intervento, il risultato complessivo negli anni successivi si è rivelato mediocre.
Nel caso specifico, i miei “errori” sono stati molteplici: innanzitutto l’orientamento dell’impianto, che ha ricalcato troppo quello dell’alveolo e limitato la valenza estetica vestibolare: i tessuti molli, pur se molto stabili, appaiono piuttosto esigui in termini di spessore. Questo aspetto è stato peggiorato dalle pratiche protesiche, prima fra tutte la tecnica diretta che in questo caso ha di fatto limitato la possibilità di creare un profilo di emergenza ideale, tanto da arrivare a distanza di 8 anni ad una leggera esposizione del moncone protesico (Fig. 9). Fortunatamente la grande stabilità del cono Morse influisce così profondamente sulla stabilità dei tessuti che i miei “errori” non hanno avuto un impatto negativo sull’osso perimplantare, come evidenzia la radiografia endorale a distanza di 8 anni (Fig. 10).
Nel tempo ho focalizzato i principi indispensabili ai fini del successo a lungo termine, da spingermi a considerare l’impianto post-estrattivo a carico immediato con gli impianti XCN® una terapia di prima scelta anche nei settori estetici:
- posizionamento sottocrestale e retruso dell’impianto nell’alveolo post-estrattivo, con inclinazione più palatale per ottimizzare la stabilità primaria e lasciare un gap di 1-2 mm vestibolare in grado di minimizzare gli effetti del riassorbimento e rimodellamento fisiologico dei tessuti dopo l’estrazione;
- nessuna invasione dei tessuti molli.
Il ripristino dell’estetica rosa è stato possibile ricorrendo a soluzioni chirurgiche e protesiche. Innanzitutto ho sostituito il moncone metallico con un moncone provvisorio in PEEK, associato ad un provvisorio di spessore vestibolare ridotto rispetto alla corona ceramica. Inoltre ho realizzato un innesto di connettivo con prelievo dal trigono retromolare.
Provvisorio e moncone sono stati uniti con cementazione extra-orale e fissati per inconamento. Lo scopo era di creare spazio per favorire al massimo la maturazione dell’innesto di connettivo (Figg. 11-14).

Fig. 11 a – Realizzazione di un provvisorio a lungo termine con un moncone in PEEK 
Fig. 11 b – Realizzazione di un provvisorio a lungo termine con un moncone in PEEK 
Fig. 12 – Vista occlusale del provvisorio 
Fig. 13 a – Innesto di connettivo con prelievo dal trigono retromolare 
Fig. 13 b – Innesto di connettivo con prelievo dal trigono retromolare 
Fig. 14 – Follow up a 12 mesi del provvisorio
Nel 2020 alla rimozione del provvisorio i tessuti si mostrano maturi e perfettamente conformati (Figg. 15, 16).
La scelta protesica finale comporta l’adozione di un connettore ExaConnect, che una volta fissato non verrà più rimosso e permetterà la traslazione di ogni futura manovra protesica al livello della protesi stessa, senza alcun coinvolgimento dei tessuti superficiali e profondi.
Il confronto diretto di due connettori ExaConnect 4,1 GH 1,5 mm con angolazione 15° e 25° ha permesso la rapida scelta a favore del 25°, che permette la costruzione della protesi con il canale di avvitamento correttamente posizionato palatale (Figg. 17, 18).

Fig. 15 – Vista frontale dopo la rimozione del provvisorio 
Fig. 16 – Vista occlusale dopo la rimozione del provvisorio 
Fig. 17 a – Prova di un ExaConnect angolato a 15° 
Fig. 17 b – Prova di un ExaConnect angolato a 15° 
Fig. 18 a – Prova di un ExaConnect angolato a 25° 
Fig. 18 b – Prova di un ExaConnect angolato a 25°
Una volta inconato il connettore con la punta in PEEK, ho realizzato un provvisorio chairside utilizzando l’apposito moncone in PEEK e la mascherina in silicone rilevata sul provvisorio prima della rimozione (Figg. 19-23).

Fig. 19 – ExaConnect con la sua vite polifunzionale inserito nell’impianto 
Fig. 20 – ExaConnect Ø4,1 GH 1,5 mm angolato a 25° attivato nell’impianto 
Fig. 21 a – Moncone in PEEK, adattamento diretto 
Fig. 21 b – Moncone in PEEK, adattamento diretto 
Fig. 22 – Mascherina e provvisorio 
Fig. 23 – Provvisorio in situ
Da questo momento in poi ogni manovra avviene a livello dei tessuti superficiali. A distanza di 10 giorni ho rilevato una impronta tradizionale con Impregum, con un transfer da riposizionamento (Fig. 24).
Il laboratorio ha quindi realizzato un modello di gesso con l’analogo ExaConnect (Figg. 25-28), scannerizzato il modello (Figg. 29, 30) e progettato con il software inLab CEREC una corona in zirconia (Figg. 31-33).

Fig. 25 – Impronta inviata in laboratorio 
Fig. 26 – Avvitamento dell’analogo ExaConnect sul transfer da riposizionamento 
Fig. 27 – Riposizionamento dell’insieme analogo+transfer nell’impronta 
Fig. 28 – Analogo ExaConnect inglobato nel modello di gesso 
Fig. 29 – Ti-Base da scansione avvitato sull’analogo ExaConnect 
Fig. 30 – Scan Body Pyramid posizionato sul Ti-Base da scansione 
Fig. 31 – Progettazione CAD della corona con il software CEREC 
Fig. 31 – Progettazione CAD della corona con il software CEREC 
Fig. 33 – Progettazione CAD della corona con il software CEREC
Nel software inLab CEREC è stato scelto FX 3.8 come percorso per la progettazione CAD e il fresaggio CAM della corona (Fig. 34).
Durante le procedure di scansione e di prova sul modello è stato utilizzato il Ti-Base da laboratorio/scansione e soltanto alla fine la corona è stata incollata sul moncone Ti-Base per ExaConnect (Figg. 35-39).

Fig. 34 – Corona in zirconia ancora inglobata nel disco di fresatura 
Fig. 35 – Prova della corona dopo la sinterizzazione 
Fig. 36 – Ceramizzazione e finitura della corona in zirconia 
Fig. 37 – Incollaggio della corona finita sul moncone Ti-Base 
Fig. 38 – Visione vestibolare della corona 
Fig. 39 – Visione laterale della corona
La corona finita è stata poi semplicemente avvitata sul connettore con un torque di 20 Ncm (Figg. 40-44).
Sono molto soddisfatto del risultato finale, per vari motivi:
- l’innesto di connettivo mi ha permesso di riparare con estrema semplicità ai miei errori del primo intervento. La consueta stabilità della connessione XCN® ha comunque limitato i danni e nella nuova fase ha ottimizzato i risultati.
- L’adozione del connettore ExaConnect ha definitivamente eliminato ogni invasione dei tessuti, ponendo le basi per un follow up in linea con le aspettative a cui il sistema XCN® ci ha da sempre abituati.

Fig. 40 – Corona definitiva in situ 
Fig. 41 – Vista occlusale 
Fig. 42 a – Vista laterale di dx e di sx 
Fig. 42 b – Vista laterale di dx e di sx 
Fig. 43 – Controllo radiografico finale 
Fig. 44 – Sorriso della paziente
Realizzazioni protesiche:
Odt. Massimiliano Pisa
Titolare Laboratorio Dental Giglio – Firenze



