I tempi chirurgici nella gestione dei tessuti molli

Ottobre, 2020
Exacone News 30

Autori:
Dr. Mario Guerra
Libero professionista a Roma

Dr. Domenico Guerra
Libero professionista a Roma

Il percorso scientifico porta alla realizzazione di protocolli clinici che con il cambiare delle tecniche a nostra disposizione vanno verso un continuo miglioramento. Tutto ciò è successo anche con la chirurgia implantare che in pochi decenni ha senz’altro subito un’evoluzione piuttosto imponente. Essa nasce negli anni ‘60 con il padre dell’implantologia, il Dottor Brånemark. All’epoca questa branca era rivoluzionaria e pochi la utilizzavano ai fini della riabilitazione di situazioni cliniche che richiedessero la sostituzione di elementi dentari mancanti.

La chirurgia implantare si realizza in stadi successivi denominati “tempi chirurgici”. Le diverse fasi chirurgiche consentono, in particolar modo, di ottenere l’osteointegrazione dell’impianto endosseo e di gestire i tessuti molli, che accompagneranno il manufatto protesico, garantendo così la stabilità biologica ed estetica dei tessuti duri e molli e del manufatto stesso. Si possono distinguere tre diversi tempi chirurgici in cui l’operatore ha l’opportunità di gestire i tessuti molli, per favorire la qualità dei tessuti: la prima, la seconda e la terza chirurgia. Di seguito illustriamo un caso esemplificativo che nella Fig. 1 mostra la situazione iniziale. Il primo stadio chirurgico prende il nome di prima chirurgia. Questa consiste nel collocamento dell’impianto seguendo i passaggi implantologici di fresaggio incrementale dell’osso, fino all’avvitamento dell’impianto in sede (Fig. 2).

La prima chirurgia viene poi conclusa con il sigillo dell’impianto con l’uso di tappi di chiusura o di tappi di guarigione sufficientemente bassi. La gengiva viene suturata con punti lenti in modo da coprire i tappi e proteggere la fase di osteointegrazione, consentendo però una guarigione per seconda intenzione dei tessuti molli che aumenteranno così il loro volume. Prende anche il nome di chirurgia bifase dal momento che necessiterà di un secondo intervento, di scopertura, ad osteointegrazione avvenuta. Vediamo in radiografia panoramica la distribuzione degli impianti collocati (Fig. 3). Una volta trascorso il tempo adeguato, variabile in funzione della situazione clinica (3-6 mesi), si realizzerà la seconda chirurgia che consente di accedere alle piattaforme implantari fino ad allora sommerse (Fig. 4).

L’obiettivo di questo intervento è di cambiare il tappo di chiusura con un tappo di guarigione della lunghezza necessaria, affinché quest’ultimo possa emergere nel cavo orale, all’interno del tessuto cheratinizzato. In questo modo si consentirà ai tessuti molli di sviluppare una guarigione guidata dalla forma del tappo (Standard o Large), intorno al quale si adatterà, creando un perfetto canale mucoso. Quando le caratteristiche cliniche lo consentono, questo passaggio può anche essere eseguito nel momento della prima chirurgia (chirurgia monofase), come ad esempio per le edentulie singole in assenza di protesi provvisorie. La chirurgia monofase supera il concetto che Brånemark ha sintetizzato nello slogan del “no loading while healing” a conferma del suo protocollo bifase.

Negli anni ‘90-2000 si scoprono i vantaggi del cono Morse, sistema che consente di accoppiare l’impianto e le sue componenti per mezzo di una geometria conometrica che determina la caratteristica “saldatura a freddo”. I vantaggi meccanici del cono Morse si traducono in vantaggi biologici dovuti all’assenza di spazio tra l’impianto ed il moncone, garantendo la scomparsa del microgap a livello della connessione. In aggiunta, la forma geometrica delle componenti conometriche rendono insita nella sistematica la presenza del platform switching. Quest’ultimo consente di ottenere la guarigione dei tessuti molli a stretto contatto con la piattaforma implantare e di generare così un’ottima barriera difensiva che a lungo termine proteggerà la salute peri-implantare, gengivale, estetica e funzionale.

In questo contesto la chirurgia monofase diventa un valore aggiunto ai fini del mantenimento tissutale a lungo termine. Il vantaggio del protocollo monofase è infatti la guarigione tissutale immediatamente intorno a componenti che riportano la stessa forma del moncone protesico finale. Una volta ottenuti i canali mucosi con i tappi di guarigione posizionati durante la prima chirurgia (protocollo monofase) o durante la seconda chirurgia (protocollo bifase), giungiamo al momento della consegna del manufatto protesico. Ed è in questa fase che si esegue la terza chirurgia nei casi che lo richiedano. Qualora non fossimo soddisfatti della quantità o distribuzione dei tessuti molli oppure si presenti il rischio di un’eccessiva compressione sui tessuti molli da parte del manufatto protesico, allora sarà pianificata la terza chirurgia.

Questo intervento consentirà di effettuare la consegna del manufatto protesico all’interno di tessuti che realizzeranno la loro guarigione direttamente intorno ad esso, secondo il concetto di guarigione tissutale protesicamente guidata (Fig. 5). Tale procedura tende così ad agevolare il mantenimento della salute dei tessuti duri e molli e quindi la stabilità e l’estetica a lungo termine della riabilitazione protesica così realizzata. I concetti così espressi sono ben evidenziati in questo caso esemplificativo che rivediamo a distanza di 10 anni dalla sua realizzazione (Fig. 6).

Realizzazioni protesiche:
Laboratorio Odontotecnico Claudio Mancini – Roma

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