Corona singola molare supportata da due impianti

Giugno, 2006
Exacone News 4

Autore: Dr. Salvatore Dettori.

Paziente di sesso femminile di anni 40.

Nel terzo quadrante sono mancanti il 36 ed il 37, mentre il 34, il 35 ed il 38 sono devitalizzati (fig. 1). La presenza di denti devitalizzati da incapsulare all’estremità dell’area edentula, orienta verso una riabilitazione mediante protesi fissa sui monconi naturali. La paziente chiede una riabilitazione con denti singoli, rendendo necessaria l’implantologia.

Il 38 è mesializzato, per cui l’area edentula residua nella posizione del 36 è lunga circa 14 mm. Per motivi di ordine biomeccanico, legati al ruolo guida dei sesti antagonisti nella fase di entrata ed in quella di uscita di ciascun ciclo masticatorio, si decide di inserire due impianti, ad imitazione delle radici naturali dell’elemento da sostituire.

Dopo avere allestito il lembo a spessore totale (figg. 2, 3), si preparano due alveoli chirurgici, uno per l’impianto che sostituirà la radice mesiale, orientato in modo tale da risultare in asse con i carichi funzionali che si creano nella fase di entrata del ciclo masticatorio ed uno che sostituirà la radice distale, orientato in asse con i carichi funzionali che si creano nella fase di uscita. Poiché è necessario intaccare la corticale con estrema precisione, si inizia la preparazione con una fresa a palla montata su turbina (figg. 4, 5); si prosegue con il protocollo classico (figg. 6-14). Si inseriscono gli impianti, si assemblano i relativi tappi (figg. 15-19) e si sutura (fig. 20) secondo il protocollo bifase. Dopo tre mesi, quando l’osteointegrazione ha raggiunto una maturazione sufficiente ad assicurare la stabilità primaria degli impianti, si interviene con il secondo momento chirurgico per posizionare i tappi di guarigione e creare i condotti mucosi (figg. 21-24) che si epitelizzeranno in circa dieci giorni. Segue la presa delle impronte mediante transfer da impronta (figg. 25-28). Il tecnico assembla gli analoghi da gesso sui transfer, sviluppa i modelli, monta i monconi sugli analoghi ed esegue il fresaggio (fig. 29). In studio si verificano i monconi (fig. 30) e si rimandano in laboratorio per la preparazione delle cappette (fig. 31) e la relativa ceramizzazione (fig. 32).

Il manufatto protesico finito, costituito da elementi singoli, arriva in studio per la verifica funzionale. Si assemblano i monconi sugli impianti, si monta il manufatto protesico e si verifica la perfetta congruenza degli elementi assemblati e la loro armonia funzionale con i tessuti molli, con gli elementi contigui e con l’arcata antagonista (fig. 33); si verifica, infine, la facilità di detersione del tunnel creato tra i due monconi (fig. 34).

Si conclude con un riscontro su Rx ortopanoramica (fig. 35).

Per il fissaggio degli elementi sui monconi naturali si utilizza un cemento definitivo, mentre per il fissaggio dell’elemento sui monconi implantari si utilizza un cemento provvisorio.

Si osserva che per la mancanza del sistema arterioso parodontale intorno agli impianti, onde evitare una sofferenza cronica delle papille interimplantari da ridotto apporto ematico nutrizionale, l’ampiezza biologica interimplantare deve essere maggiore di quella richiesta tra elementi naturali. Una maggiore distanza tra gli impianti, infatti, consente ai sistemi arteriosi osseo e mucoso di compensare la mancanza del sistema arterioso parodontale. Nel sistema ExaconeTM*, il collo del pilastro implantare ha un diametro minore della testa dell’impianto, quindi, a livello dell’ampiezza biologica, il sistema arterioso mucoso è mediamente doppio rispetto a quello delle altre sistematiche implantari. Grazie a questa caratteristica dei monconi, gli impianti ExaconeTM* LEONE, possono essere posizionati ad una distanza equivalente a quella che si ha tra radici naturali senza causare una riduzione dell’apporto ematico nutrizionale alle papille interimplantari, come nel caso clinico esposto.

Realizzazioni protesiche: Laboratorio Odontotecnico Franco Petretto – Sassari

Giugno, 2006 - Exacone News 4